Con la legge Gelli Bianco sono mutate le regole di valutazione che coinvolgono gli esercenti e le professioni sanitarie, farmacisti compresi.
Si tratta di una svolta storica, che riguarda la responsabilità sia civile, sia penale. Ecco quali sono le innovazioni legislative e quanto si riferisce alla “Farmacia dei servizi”
Due leggi, emanate in questi ultimi anni, hanno portato una vera e propria rivoluzione sulla legislazione sanitaria. Una è quella che ha istituito la farmacia dei servizi, e cioè la legge n. 69 del 2009 e l’altra è la legge Gelli Bianco n. 24 del 2017, che ha cambiato le norme sulla responsabilità dei sanitari. Entrambe hanno segnato una storica svolta, sia nella gestione della farmacia, sia nelle responsabilità civile e penale “dei sanitari” e, quindi, anche dei farmacisti. La prima ha praticamente trasformato la farmacia in un vero e proprio centro di erogazione di molteplici servizi, che vanno dalle vaccinazioni, all’esecuzione di test d’analisi. In sostanza, sono norme che tendono ad ampliare la rete delle farmacie, finora delegata alla distribuzione dei farmaci, al ruolo di presidio integrato del Ssn.
La legge Gelli Bianco: obiettivi
Essa ha la dichiarata finalità di porre un freno alla deriva giurisprudenziale, che ha penalizzato in modo eccessivo le condotte non corrette dei sanitari. Questa legge ha voluto ristabilire, alle disposizioni in materia, un’interpretazione più aderente alla realtà del momento storico. Esplicativo al riguardo è il titolo stesso della legge: “Disposizioni relative alla sicurezza delle cure e della persona assistita, nonchè in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. Chiaramente non vi può essere dubbio alcuno che essa si applichi anche ai farmacisti, in ragione del ruolo svolto. Ovviamente, sono soggetti a tali norme anche tutti gli operatori sanitari che prestano la loro opera nella farmacia dei servizi.
E, quindi, a norma dell’art. 7 della legge Gelli Bianco, tutti gli eventi lesivi a carico degli assistiti, che accadono nel corso del servizio farmaceutico, vanno valutati secondo i nuovi criteri.
Il primo è che le strutture sanitarie pubbliche e private che si avvalgono dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente, rispondono civilmente dei danni cagionati a terzi, a prescindere dal fatto che intercorra o meno con il farmacista un rapporto subordinato.
Soggiunge la norma che tale disposizione si applica anche in regime di attività intramuraria.
Il punto più qualificante introdotto dalla suddetta legge è rappresentato dall’art. 7, il quale così stabilisce: “L’esercente la professione sanitaria in relazione alle obbligazioni assunte nei confronti del suo assistito risponde ex art. 2043 C.c.”.
Questa rappresenta la svolta storica della legislazione.
Che cosa comporta nel giudizio di responsabilità per danni a terzi? Che prima, sotto la vecchia norma, la persona che assumeva di essere stata danneggiata dall’opera di un professionista sanitario doveva soltanto “provare” di essersi sottoposto alla sua cure e di essersi successivamente accorta del danno subito, mentre spettava al sanitario, per liberarsi da ogni responsabilità, dimostrare di aver operato correttamente e che il danno lamentato aveva una diversa origine.
Ora, con la nuova norma, spetta al paziente che dichiara di aver subito il danno dimostrare la colpa del professionista.
E difatti l’art. 2043 dispone “Chiunque cagiona un danno a terzi è obbligato a risarcirlo”.
Responsabilità penale
L’art.6 della legge Gelli Bianco stabilisce: “Quando l’evento si è verificato per imperizia, il sanitario ove abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, dalle buone pratiche cliniche e assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso concreto, non risponde”.
Resta, quindi, la sua responsabilità soltanto quando l’evento lesivo a terzi sia avvenuto per imprudenza e negligenza.
Questa norma ha dato adito a interpretazioni diverse nella giurisprudenza. Tant’è vero che sono intervenute le Sezioni Unite Penali della Suprema Corte con la sentenza del 21 dicembre 2017 n. 8760, indicando i criteri interpretativi da seguire. Ma neppure questi, che si riporteranno innanzi, hanno convinto parte dei giuristi. Il che ha portato alla nomina da parte del Ministro Nordio nel 2023 di una Commissione, cosiddetta d’Ippolito dal nome del suo presidente, per riscrivere la norma.
Ma quali sono i principi affermati dalle Sezioni Unite? In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria le raccomandazioni contenute nelle linee guida definite e pubblicate, ai sensi dell’art. 5 della legge 8 marzo 2017 n. 24, pur rappresentando i parametri precostituiti a cui il Giudice deve tendenzialmente attenersi nel valutare l’osservanza degli obblighi di diligenza e perizia, non integrano veri e propri precetti cautelari vincolanti, capaci d’integrare ipotesi di colpa specifica, in caso di violazione rimproverabile, data la necessaria elasticità del loro adattamento al caso concreto. Ne consegue che, nei casi in cui le raccomandazioni non siano adeguate rispetto all’obiettivo della migliore cura per lo specifico caso del paziente, l’esercente la professione sanitaria ha il dovere di discostarsene.
Farmacia dei servizi e assicurazione
Anche nel settore farmaceutico sono state formulate precise linee guida, che non riguardano, però, le prestazioni professionali dei farmacisti e degli altri professionisti sanitari introdotti dalla farmacia dei servizi. Riguardano, invece, le modalità di valutazione della riuscita di questa nuova erogazione dell’assistenza sanitaria, al fine di stabilire se essa abbia o meno prodotto un buon risultato. Queste linee guida sono state elaborate da una commissione insediata presso il ministero della Salute.
Il loro scopo è quello di stabilire criteri uniformi per la sperimentazione onde verificare se tale “nuovo” modo di erogazione del servizio farmaceutico abbia o meno prodotto vantaggi per la sanità pubblica. La Commissione ha recepito le “linee guida” approvate dalla Conferenza Stato Regione del 17 ottobre 2019. Esse riguardano tre servizi ricognitivi, servizi di front office, servizi relativi alle analisi di prima istanza.
La Legge di Bilancio del 2025 ha autorizzato tale sperimentazione fino all’intero anno 2025.
Un’ultima cosa per concludere: parliamo dell’assicurazione obbligatoria. L’art 5 del Dpr n. 137 del 2012 (disposizioni recanti la riforma degli ordinamenti professionali) ha previsto per i titolari della farmacia dei servizi l’obbligo di premunirsi di una copertura assicurativa. Tale obbligo giuridico è stato disposto con riferimento a tutte le nuove attività che si svolgono nel suo ambito e la mancata ottemperanza costituisce un grave illecito disciplinare.
Ritengo, comunque sia, che la copertura assicurativa per i farmacisti sia assolutamente necessaria anche perché l’allargamento delle prestazioni comporta di conseguenza l’aumento dei fattori di rischio. I casi di danno, infatti, ora lievitano di molto e, considerato che riguardano la lesione della salute, a volte possono richiedere risarcimenti molto elevati. Pertanto, se manca la copertura assicurativa essi finiscono a carico del farmacista e del suo patrimonio mobiliare e immobiliare.
(A cura di Alfonso Marra, Magistrato, Farma Mese N. 4-2025 ©riproduzione riservata)