La salute mentale è riconosciuta come una delle sfide globali più urgenti del nostro tempo, nonché una priorità trasversale nelle politiche pubbliche di tutti i Paesi, Italia compresa. Secondo gli ultimi due report pubblicati dall’Organizzazione mondiale della sanità, World mental health today e Mental Health Atlas 2024, i disturbi mentali rappresentano oggi la seconda causa di disabilità a lungo termine a livello mondiale, ma anche una delle principali voci di perdita di anni di vita in buona salute. I costi sia diretti sia indiretti -tra cure, produttività persa e sostegno sociale- sono elevatissimi.
Un altro studio, condotto da Altroconsumo nel luglio 2025, ha approfondito il modo in cui la popolazione affronta il malessere psicologico. Condotto su un campione rappresentativo di 1.001 persone tra i 18 e i 79 anni, bilanciato per genere, livello di istruzione e area geografica, mostra come quasi 4 italiani su 10 -il 38% del campione- dichiarano di aver vissuto un disagio mentale o emotivo negli ultimi tre anni. Osservando più da vicino i dati, si scopre che le più colpite dal disagio psicoemotivo sono le donne sotto i 44 anni: una fascia della popolazione già sottoposta a forti pressioni familiari e lavorative, che sembra pagare un prezzo particolarmente alto in termini di benessere mentale.
A dominare è l’ansia, indicata dal30% del campione. Seguono i problemi legati al sonno (insonnia, risvegli notturni ecc.), che interessano il 20% degli intervistati, e la depressione, segnalata dal 17% degli italiani coinvolti nell’indagine. Completano il quadro stress cronico e burnout, instabilità emotiva e attacchi di panico.
Per molti curarsi è ancora un tabù. O un lusso
La maggior parte di chi ne soffre, tuttavia, non ha ricevuto alcun tipo di supporto professionale. Secondo l’indagine, infatti, ben il 68% di chi ha vissuto un malessere mentale o emotivo negli ultimi tre anni non ha intrapreso alcun genere di terapia, né farmacologica né psicologica.
Le ragioni? In molti casi si tende a minimizzare il problema: il 46% degli intervistati sono convinti di potercela fare da soli, il 30% sostiene di non aver sentito il bisogno di un supporto esterno. Il 23% del campione non ha mai nemmeno considerato l’idea di chiedere aiuto, segno che il tema è ancora poco interiorizzato, soprattutto tra chi non ha familiarità con percorsi di cura o trova di fronte a sé ostacoli insormontabili ad accedervi.
Ma accanto a queste motivazioni soggettive del problema, emergono anche ostacoli oggettivi e radicati, che riguardano l’accessibilità ai servizi(il costo) e il contesto culturale (la difficoltà a parlarne).
- Un intervistato su cinque, cioè il 20% del campione, sostiene di non potersi permettere trattamenti così costosi.
- Una percentuale analoga segnala il disagio nel condividere il proprio stato emotivo, a conferma che lo stigma sociale legato alla salute mentale sopravvive.
- Tra chi sta valutando o ha valutato di iniziare un percorso terapeutico – cioè il 32% del campione – il principale ostacolo resta il costo: un limite, quello economico, che di fatto esclude molte persone da un diritto fondamentale come quello alla cura.
A chi si è rivolto, invece, chi ha deciso di curarsi? Il 32% di chi ha avuto almeno un disturbo psicoemotivo negli ultimi tre anni ha imboccato un percorso di cura. Tra questi, il 66% si è affidato alla psicoterapia o al supporto psicologico, mentre il 47% ha seguito un trattamento farmacologico. Un risultato che suggerisce una crescente fiducia negli strumenti della psicologia, anche all’interno di un sistema in cui l’accesso resta limitato.
Supporto psicologico: costi eccessivi, accesso difficile, ma soddisfazione elevata
Quando si tratta di affrontare un disagio mentale o emotivo, l’accesso al supporto psicologico in Italia sembra essere ancora ostacolato da barriere economiche e strutturali. L’indagine di Altroconsumo lo conferma: il 73% di chi ha avviato un percorso con lo psicologo o lo psicoterapeuta ha dovuto pagare le sedute di tasca propria, a conferma di quanto l’offerta pubblica di questo tipo di servizi sia ancora molto limitata – o addirittura del tutto assente – in molte aree del Paese.
È un ostacolo con un impatto concreto e pesante: gli intervistati che si sono affidati al supporto psicologico hanno sostenuto una spesa media di circa 140 euro al mese, una cifra che molte famiglie non possono permettersi. Ciò significa che un bisogno reale di salute mentale rischia di trasformarsi in un privilegio riservato a pochi.
A confermare la centralità della questione economica c’è anche il dato relativo alle principali criticità segnalate da chi ha scelto questo tipo di cure: il costo eccessivo è l’ostacolo più ricorrente, indicato più spesso di altri aspetti altrettanto importanti, come l’efficacia e la durata della terapia, oppure lo stigma sociale.
Eppure, quando l’accesso è possibile i risultati sono positivi: la maggior parte delle persone coinvolte si dichiara soddisfatta o molto soddisfatta dell’esperienza. Un dato che non solo conferma la validità e l’utilità del supporto psicologico, ma che accende ancora una volta i riflettori sull’urgenza di potenziare l’offerta pubblica, rendendola più equa e capillare su tutto il territorio nazionale.
Terapia con i farmaci: più accessibile, ma con maggiori criticità
Se accedere a uno psicologo è spesso un lusso, il ricorso ai farmaci per trattare un disagio psicologico risulta molto più accessibile. In questo caso, infatti, la tendenza si inverte: nel 67% dei casi, i farmaci sono prescritti e coperti dal Servizio sanitario nazionale (SSN).
La ragione è facilmente intuibile: ottenere una prescrizione dal medico di base è molto più semplice e rapido rispetto all’accesso – spesso complesso, quando non impossibile – ai servizi pubblici di psicoterapia. Anche il divario economico è evidente: chi segue una terapia farmacologica ha speso, in media, circa 57 euro al mese, meno della metà rispetto ai 140 euro mensili necessari per un percorso psicologico privato.
Tuttavia, se l’accessibilità è maggiore, le difficoltà emergono altrove. Le problematiche segnalate da chi ha intrapreso una terapia farmacologica, infatti, non riguardano tanto il costo, quanto la gestione della cura stessa: durata eccessiva, effetti collaterali, scarsa motivazione o mancanza di supporto da parte dei famigliari.
Non sorprende, quindi, che il livello di soddisfazione espresso da chi ha seguito una terapia farmacologica sia inferiore rispetto a quello rilevato per il supporto psicologico: meno della metà del campione si dichiara pienamente soddisfatto della propria esperienza con i farmaci. Un dato che rafforza il valore del supporto psicologico all’interno di una strategia terapeutica integrata.
Fonte delle tabelle: Altroconsumo
Più consapevolezza sull’importanza di prendersi cura del benessere psicologico
Di fronte a una malattia o a un dolore fisico, curarsi è un gesto quasi automatico: ci si rivolge a un medico, si riceve una diagnosi, si segue una terapia. Ma quando il malessere coinvolge la sfera emotiva o mentale, questo meccanismo spesso non scatta. I risultati della nostra indagine lo confermano: il disagio psicologico spesso viene ignorato, nascosto o sottovalutato.
Le ragioni sono tante: da un lato, lo stigma sociale che ancora oggi spinge molte persone a negare il disagio psicologico, a nasconderlo o a provare vergogna nel chiedere aiuto. Dall’altro, la convinzione – spesso illusoria – di potercela fare da soli, alimentata dalla difficoltà a riconoscere i segnali di sofferenza mentale e nel capire quando è il momento di rivolgersi a un professionista.
Eppure, qualcosa sta finalmente cambiando. La percezione collettiva della salute mentale si sta pian piano evolvendo, insieme alla maggiore la consapevolezza sull’importanza di prendersi cura del proprio benessere psicologico, con la stessa attenzione riservata alla salute fisica.
A confermare questa tendenza è anche il parere espresso dagli intervistati in merito a una serie di affermazioni relative alla terapia psicologica e farmacologica: un segnale incoraggiante che lascia intravedere un possibile cambio di passo culturale.
Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale
In un’epoca in cui l’Intelligenza Artificiale è sempre più presente nella nostra quotidianità (non solo in ambito lavorativo), l’indagine ha voluto sondare se, tra gli intervistati, qualcuno l’abbia mai interpellata in un momento di difficoltà personale. La risposta? Il 26% del campione complessivo, e addirittura il 33% tra chi ha vissuto un disagio psicologico negli ultimi tre anni, ha ammesso di essersi affidato all’AI, anche solo per ricevere un consiglio, sfogarsi o trovare un momento di conforto.
Non sorprende che siano soprattutto gli under 27 a rivolgersi più spesso a strumenti come ChatGPT & Co. A colpire, invece, è il motivo per cui lo fanno: non tanto per cercare risposte tecniche o consigli pratici, quanto per trovare un contatto “umano” anche se virtuale.