Titolare di farmacia patteggia il giudizio penale a due anni, con la sospensione, ritenendolo conclusivo delle sue vicende. Ma dopo un anno arriva inattesa anche la condanna da parte della Corte dei conti, per il cosiddetto “danno erariale”.
Aver falsificato le ricette, effettuando false prescrizioni di farmaci molto costosi in uso per soggetti trapiantati di fegato, è costato molto caro a una farmacista delle valli bergamasche, più di quanto non temeva. Infatti, non ha calcolato che nel nostro ordinamento esiste, oltre alle responsabilità penali e civili, anche quella cosiddetta contabile o erariale, per i danni cagionati all’erario da comportamenti illeciti.
La vicenda rientra appunto tra quelle con “danno erariale”, e coinvolge la titolare di un esercizio della provincia di Bergamo, rinviata a giudizio innanzi al Tribunale di quella città per gravi reati di frode allo Stato nel luglio 2023.
Avendo riconosciuto le proprie responsabilità, aveva patteggiato una pena a due anni di reclusione, con la sospensione. Pensava così di aver messo la parola fine alla sua vicenda giudiziaria, ma dopo quasi un anno le è arrivata una condanna dalla Corte dei conti. La Sezione giurisdizionale per la Lombardia, con sentenza n. 203 del 12 dicembre 2024, ha infatti condannato la professionista al pagamento per danni all’Erario della somma di un milione e duecentomila euro. Per ben inquadrare la vicenda, occorre ricordare quale siano i compiti della Corte dei conti e cosa sia il patteggiamento della pena. Quest’ultimo è previsto dall’art. 445 Cpp, ed è una modalità di definizione del processo penale che evita il dibattimento. È da equiparare, comunque sia, a una vera e propria sentenza di condanna.
Il ruolo della Corte dei conti
Per quanto riguarda la Corte dei conti, si tratta di un organo di rilievo costituzionale, che svolge le sue funzioni di controllo nell’ambito della contabilità pubblica e nelle altre materie specificate dalla legge. Ha, inoltre, la competenza a giudicare sui fatti che hanno comportato un danno economico per la Pubblica amministrazione. Nella specie, il danno era conseguente alla falsificazione di numerose ricette da parte della farmacista, che faceva figurare come prescritti ad alcuni assistiti, a loro insaputa, alcuni medicinali salvavita. Ad accorgersi del trucco è stata la società produttrice dei farmaci, che ha segnalato il fatto agli organi di polizia. Da qui il processo penale, definito poi con il patteggiamento.
Praticamente, una volta accertata la penale responsabilità, i fatti di frode e truffa ai danni del Ssn risultavano accertati nella loro consistenza giuridica, e potevano senz’altro valere come prova anche del loro effetto dannoso. Così, nella specie, il danno è stato quantificato dal Tribunale nell’importo costituito dalla somma di quanto riscosso dalla farmacista, in seguito alla vendita dei farmaci salvavita dispensati con le ricette falsificate.
(A cura di Alfonso Marra, Magistrato, Farma Mese N. 5-2025 ©riproduzione riservata)