Le famose “Fab13” dimostrano di essere trainanti nell’innovazione, ricerca e crescita economica del Paese. Ecco le loro richieste alla politica per rendere sempre più forte il ruolo del farmaco italiano.
L’industria farmaceutica italiana va a gonfie vele e dimostra di essere settore trainante nella ricerca, nell’innovazione e nella crescita economica del Paese. Lo evidenzia l’ultimo rapporto della Fondazione Edison dedicato alle multinazionali a capitale italiano aderenti a Farmindustria, da cui emerge che il farmaco made in Italy ha prodotto nel 2023 ricavi per 16,8 miliardi di euro, di cui 12,8 ottenuti grazie all’export (pari al 76% del totale).
Le aziende citate dal Rapporto -le famose “Fab13”- sono Alfasigma, Abiogen Pharma, Angelini Pharma, Chiesi Farmaceutici, Dompé Farmaceutici, I.B.N. Savio, Italfarmaco, Kedrion, Menarini, Molteni, Neopharmed Gentili, Recordati e Zambon, che insieme contano 67 siti produttivi, 43 centri di Ricerca & sviluppo e impiegano in Italia 15mila addetti (+32% rispetto il 2022). Inoltre, hanno acquisito aziende straniere per un valore di 1,7 miliardi di euro e nel 2023 hanno investito ben 3,4 miliardi di euro, di cui oltre uno destinato a R&S (+12% rispetto l’anno precedente).
“Stiamo andando nella direzione giusta” ha detto Alberto Chiesi, presidente delle industrie farmaceutiche italiane Fab13. “È dunque più che mai necessario consolidare la nostra competitività globale e continuare a generare valore per il Paese: abbiamo bisogno che le istituzioni siano al nostro fianco, perché è fondamentale un impegno forte e congiunto per affrontare le sfide future”.
Ma che cosa chiedono i Fab13 per continuare a svolgere questo importante ruolo e rendere sempre più forte il farmaco made in Italy? Innanzitutto, norme chiare e stabili, accompagnate da miglior interazione con i decisori politici, tesa a favorire la programmazione e gli investimenti e, soprattutto, che consenta di ridurre la burocrazia. Necessari anche un rafforzamento della tutela brevettuale, per proteggere l’innovazione e attrarre gli investimenti, accompagnata poi da riduzione della pressione fiscale e da incentivi che rendano l’Italia un hub di riferimento per la farmaceutica.
Infine, va migliorata la collaborazione Industria/Università, sia per poter disporre di talenti nel settore scientifico, sia per sostenere la ricerca sui farmaci orfani e sulle nuove terapie, mentre vanno semplificate le troppe norme e procedure burocratiche che ritardano l’approvazione e l’accesso ai farmaci sul mercato.
(Farma Mese N. 6-2025 ©riproduzione riservata)