In un convegno organizzato a Bologna da Fenagifar sono stati presentati i dati sulle pesanti conseguenze causate dal fumo, sia dal punto di vista sanitario, sia economico. Da un interessante dibattito è emerso l’importante ruolo che il farmacista in farmacia può assolvere, per contrastare questo pericoloso fenomeno
L’11 aprile, all’interno del XII Congresso dei Farmacisti Italiani – Farmacistapiù, si è tenuto a Bologna il convegno organizzato da Fenagifar “Il farmacista nella lotta al tabagismo: prevenzione, supporto e progetti educativi”, moderato dalla dottoressa Linda Pasini. Un tema di grande attualità, affrontato con un approccio integrato che ha restituito al farmacista una centralità crescente nel contrasto a una delle dipendenze più pervasive e dannose per la salute pubblica.
Il fumo di tabacco, infatti, continua a mietere milioni di vittime ogni anno, nonostante decenni di campagne informative, norme restrittive e iniziative globali. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, oltre otto milioni di persone muoiono annualmente per patologie legate all’uso di prodotti del tabacco, e circa 1,3 milioni sono vittime del fumo passivo. Numeri che fotografano un’emergenza tutt’altro che superata. A ribadirlo è stato il presidente Fenagifar, Vladimiro Grieco, aprendo i lavori: “È in questo panorama complesso, in costante trasformazione, che il farmacista può e deve ritagliarsi un ruolo centrale nella lotta al tabagismo, facendo leva sulla propria prossimità, competenza e accessibilità.”
L’impatto del fumo, del resto, non si limita all’apparato respiratorio: contribuisce in modo significativo allo sviluppo di malattie cardiovascolari, diabete, infertilità, disturbi psichiatrici e diverse forme di cancro, tra cui quelle alla vescica e al pancreas. A illustrare i dati più recenti è stato Gian Maria Rossi, docente di farmacia all’Università di Bologna e consigliere Fenagifar, che ha richiamato uno studio pubblicato nel 2025 sul Journal of the American College of Cardiology, secondo cui esiste una chiara relazione dose-risposta tra il numero di sigarette fumate quotidianamente e l’aumento dei marker subclinici di danno cardiovascolare, come infiammazione sistemica, trombosi e aterosclerosi. “Le ricerche più recenti mostrano che i fumatori perdono circa 10-11 anni di vita rispetto ai non fumatori” ha spiegato.
Ma le conseguenze del tabagismo non si misurano soltanto in termini di salute: in Italia, il costo sanitario diretto delle patologie fumo-correlate è stimato in circa 7,5 miliardi di euro all’anno, a cui si aggiungono oltre 18 miliardi di costi indiretti, dovuti a invalidità, assenteismo e perdita di produttività. Il fumo, dunque, è anche una delle principali minacce della sostenibilità economica del sistema sanitario.
Sigarette elettroniche: consumo triplicato
Negli ultimi anni, il fronte delle dipendenze si è però allargato. L’introduzione sul mercato di sigarette elettroniche e dispositivi a tabacco riscaldato ha mutato la geografia dei consumi. Questi strumenti, spesso promossi come meno nocivi, sono diventati estremamente popolari tra gli adolescenti, complice una percezione distorta del rischio.
In Italia, l’utilizzo dei prodotti a tabacco riscaldato è triplicato dal 2019 al 2022, passando dall’1,1% al 3,3% della popolazione, con oltre 1,7 milioni di utilizzatori.
La realtà scientifica, tuttavia, racconta una storia diversa. Le sigarette elettroniche, pur evitando la combustione, rilasciano formaldeide, acroleina, metalli pesanti e altre sostanze tossiche la cui inalazione non è priva di effetti avversi. A ribadire il punto è stata Stefania Agrimi, farmacista specializzata in oncologia e responsabile della formazione Fenagifar: “Il rischio, che sia più o meno grande, è meglio non correrlo affatto: meglio non fumare.”
Le nuove forme di assunzione di nicotina, infatti, non soltanto non eliminano i danni, ma spesso accompagnano il fumo tradizionale in un uso combinato che non favorisce l’abbandono, anzi ne prolunga la dipendenza. I più giovani, in particolare, sembrano vulnerabili a questa nuova offerta di prodotti aromatizzati e altamente pubblicizzati. Ed è qui che il ruolo del farmacista assume una valenza strategica.
Farmacista primo interlocutore
Grazie alla sua capillarità sul territorio, al continuo contatto con il cittadino e alla fiducia costruita nel tempo, il farmacista può diventare il primo interlocutore nel percorso verso la disassuefazione. È ciò che ha sottolineato Paolo Levantino, farmacista clinico, giornalista scientifico e segretario Fenagifar, illustrando i modelli di intervento proposti dalla Fip, la Federazione internazionale farmaceutica. I due strumenti operativi, le cosiddette 5A e 5R, offrono al professionista una guida per adattare il proprio approccio al livello di motivazione del paziente, dal colloquio motivazionale all’assistenza farmacologica. “Ogni consiglio, ogni ascolto, ogni supporto alla cessazione rappresenta un atto concreto di tutela della salute pubblica”, ha affermato. I dati raccolti nell’ambito dello studio Cesar -che ha coinvolto mille fumatori e oltre 180 farmacisti- e quelli di un analogo studio condotto in Belgio, confermano l’efficacia degli interventi brevi in farmacia. In particolare, il colloquio motivazionale, se ben strutturato, può aumentare fino al 30% la probabilità di cessazione.
Ma la farmacia non è solo luogo di cura: è anche presidio educativo. Sempre più frequentemente i farmacisti portano la propria competenza tra i banchi di scuola. Progetti rivolti agli studenti delle superiori hanno mostrato che, dopo un ciclo di incontri condotti dai farmacisti, il 35% dei fumatori ha dichiarato l’intenzione di smettere, mentre il 50% si è detto pronto a ridurre il numero di sigarette. Non meno importante, l’aumento della consapevolezza sui danni del fumo passivo e sui rischi oncologici. “Siamo professionisti di prossimità, capaci di trasformare l’informazione in consapevolezza e la relazione in cambiamento”, ha concluso Vladimiro Grieco.
Il convegno ha lasciato un messaggio chiaro: il farmacista ha oggi un compito di educatore, consulente, promotore di salute.
Contrastare il tabagismo -nelle sue forme vecchie e nuove- non è solamente un’opportunità professionale, ma un dovere etico. In un’epoca in cui la nicotina cambia volto, ma non perde potere, il farmacista ha gli strumenti, le competenze e la credibilità per replicare. E a volte, anche una semplice conversazione in farmacia può rappresentare l’inizio di una nuova libertà.
(Paolo Levantino, farmacista clinico e segretario nazionale Fenagifar, Farma Mese N. 4-2025 ©riproduzione riservata)