Il consiglio è il cuore della professione, ma troppo spesso lo trattiamo come un’aggiunta, qualcosa che viene dopo. In realtà dovrebbe venire prima di tutto, per non limitarsi ad assecondare le richieste di un cliente sempre più informato, ma per cercare di guidarlo con competenza.
In farmacia ogni giorno si ripetono scene che sembrano tutte uguali: un cliente entra, espone un problema, chiede un prodotto. Il farmacista ascolta, seleziona una proposta, la consegna, a volte aggiunge alcune parole di spiegazione, un sorriso, e la conversazione finisce lì. Tutto ordinario. Tutto funziona. O almeno, così pare. Eppure, ogni volta che assisto a questa dinamica, mi resta addosso una sensazione di occasione mancata. Perché quella situazione, se appena spinta un po’ più in là, avrebbe potuto diventare molto di più: un momento di relazione vera, un consiglio che rimane, una differenza professionale.
Nel nostro mestiere ci siamo abituati a pensare al consiglio come a qualcosa che “arriva” da sé. Come se fosse il cliente a doverlo chiedere per primo. Ma è davvero così? Io credo di no. Credo che oggi, più che mai, il consiglio debba essere guidato, proposto, costruito attivamente. E che il farmacista debba tornare ad avere il coraggio di fare domande, di proporre soluzioni più complete, di esprimere la propria competenza in modo chiaro e sicuro. Per questo, oggi, il mio invito è semplice ma radicale: osate di più.
Il consiglio è il cuore della professione, ma troppo spesso lo trattiamo come un accessorio. Lo consideriamo una cortesia, un’aggiunta, qualcosa che viene dopo. In realtà dovrebbe venire prima: prima del prodotto, prima del prezzo, prima della promozione. Prima di tutto.
Chi guida oggi il consiglio in farmacia? Spesso, la risposta più sincera è: il cliente. Il cliente arriva già informato, magari ha letto qualcosa su internet, ha visto una pubblicità, ha parlato con un amico. E noi, anziché farci trovare pronti a guidarlo con la nostra competenza, ci limitiamo ad assecondare la sua richiesta.
“Mi dia qualcosa per dormire”, “Ho bisogno di un integratore per le difese immunitarie”, “Mi serve una crema per la pelle secca.” Frasi come queste arrivano in continuazione. Ma, se ci pensi bene, non sono vere domande, sono richieste già impacchettate, e il rischio è che il farmacista diventi l’esecutore di un ordine, e non il professionista che orienta la scelta. Quando, invece, il consiglio è ben fatto, succede qualcosa di diverso: si crea una relazione, si apre un dialogo. Il cliente si sente ascoltato, seguito, capito.
Mi capita spesso di osservare scene che iniziano tutte nello stesso modo ma che prendono strade molto diverse a seconda di chi c’è dietro il banco. Una donna entra e chiede qualcosa per la caduta dei capelli. Il farmacista potrebbe semplicemente indicare un integratore, senza altre parole. Oppure potrebbe fare una domanda in più: “Succede da molto tempo? Sta attraversando un periodo di stress? Ha già provato qualcosa?”: tre domande semplici, che, però, aprono un mondo.
In pochi secondi si passa da un consiglio generico a un consiglio personalizzato, e la proposta che ne deriva non è più un prodotto, ma un piccolo protocollo: un integratore, uno shampoo coadiuvante, magari anche una raccomandazione alimentare o il consiglio di rivedere le analisi. Tutto cambia, anche il valore percepito dal cliente.
Un buon consiglio non ha prezzo
Il consiglio, in fondo, è la vera differenziazione professionale della farmacia. I prodotti si trovano ovunque, spesso anche a minor prezzo, ma un consiglio ben fatto, competente e personalizzato, non si trova su Amazon, né in un supermercato.
Quando entri in una farmacia dove il consiglio funziona, lo percepisci subito. C’è accoglienza, c’è ascolto, c’è proposta. C’è il coraggio di guidare la relazione, senza invadenza, ma con decisione. Questo coraggio va riscoperto, perché è vero che siamo sotto pressione, che ci sono mille urgenze, che il tempo al banco è spesso poco, ma proprio per questo, ogni consiglio deve valere di più. Deve essere centrato, autentico, efficace.
Serve attenzione, allenamento, intenzione. E soprattutto, serve fiducia in se stessi. Il farmacista che osa proporre non lo fa per vendere di più; lo fa perché crede in quello che sta dicendo. Perché sa che quel cliente ha bisogno di un aiuto vero, non di una risposta affrettata. Parlare di coraggio, in questo contesto, non è retorica. Perché ci vuole davvero coraggio per uscire dagli automatismi, per proporre un prodotto in più, spiegandone il senso, quando si ha paura di sembrare troppo commerciali. Ci vuole coraggio per insistere su una combinazione efficace, quando il cliente dice “no grazie, solo questo”, per fermarsi trenta secondi in più, quando il banco è pieno. Eppure, ogni volta che lo facciamo, accade qualcosa: il cliente cambia sguardo, passa da consumatore a paziente. E tu, da dispensatore, torni a essere farmacista nel senso pieno del termine.
Osare per lasciare il segno
Spesso dimentichiamo che il consiglio è anche una forma di racconto. Quando accompagni una proposta con parole semplici, con spiegazioni accessibili, con esempi quotidiani, stai costruendo un discorso professionale. Stai mostrando che dietro quel prodotto c’è una scelta, una logica, un’intenzione, non stai vendendo: stai educando alla salute, e questo ha un impatto enorme.
Il consiglio, se fatto bene, lascia un segno, il cliente lo ricorda, lo collega alla tua voce, al tuo volto, alla tua farmacia. Quando tornerà, cercherà proprio quel modo di essere seguito: quel tono, quella cura, quella sicurezza. È questo il vero vantaggio competitivo della farmacia di oggi ed è un vantaggio che nessuna promozione, da sola, potrà mai eguagliare.
A volte, un consiglio ben dato resta nella memoria del cliente per mesi, anche anni. “Me l’ha consigliato il mio farmacista”, quante volte lo abbiamo sentito dire? Dietro quella frase c’è qualcosa che va oltre il prodotto: c’è una relazione di fiducia, un senso di appartenenza, c’è l’identità stessa della farmacia.
Osare, quindi, significa credere nel valore del proprio ruolo. Significa decidere che non ci si limita a rispondere, ma si guida. Che non si attende la domanda perfetta per sfoggiare competenza, ma si crea lo spazio perché quella competenza emerga. E allora, sì: osiamo di più. Proponiamo, argomentiamo, personalizziamo, usiamo il consiglio per costruire fiducia, per curare davvero, per distinguere la nostra farmacia. Ogni consiglio può essere un’occasione di valore, ogni consiglio ben fatto è una possibilità in più per far stare meglio qualcuno, per fargli sentire che non è solo, che c’è qualcuno che lo ascolta davvero. E questo, più di ogni sconto, più di ogni promozione, è ciò che farà tornare le persone.
Abbiamo bisogno di più coraggio al banco, di farmacisti che si prendano la responsabilità del consiglio. Abbiamo bisogno di chi non ha paura di proporre, di spiegare, di accompagnare.
Perché chi osa nel consiglio fa la differenza, e dà voce a una farmacia che non ha paura di prendersi cura.
(di Nicola Posa, amministratore delegato Shackleton Group, Farma Mese n. 5– 2025 ©riproduzione riservata)