Ne soffre un’ampia fetta della popolazione, che merita strategie di gestione della patologia emorroidaria mirate, a partire dalla farmacia, primo presidio in cui ci si reca quando il problema emerge. Ecco, allora, qualche utile consiglio per accompagnare il paziente.
La malattia emorroidaria è una condizione frequente, spesso sottovalutata, che colpisce milioni di persone nel mondo e comporta un notevole onere economico per i sistemi sanitari. Negli Stati Uniti è la terza patologia gastrointestinale più comune in ambito ambulatoriale, con circa quattro milioni di visite ogni anno. Le stime di prevalenza variano in base alla definizione utilizzata: studi endoscopici rilevano emorroidi nel 20-38% dei soggetti, mentre studi epidemiologici nella popolazione generale indicano un 4-5% di casi sintomatici, ovvero circa 1 persona su 20.
Questi dati sottolineano la necessità di una maggiore consapevolezza e di strategie di gestione aggiornate per ottimizzare gli esiti clinici e ridurre i costi sanitari associati. In questo contesto, il farmacista, grazie alla sua accessibilità e al rapporto di fiducia con i pazienti, svolge un ruolo cruciale sia nella valutazione iniziale, sia nel consiglio terapeutico, utilizzando algoritmi decisionali che supportano l’inquadramento clinico, l’individuazione di segnali di allarme e la scelta dell’intervento più appropriato.
Inquadramento clinico e valutazione delle “red flag”
Il primo passo dell’algoritmo decisionale consiste in un’intervista strutturata, finalizzata a raccogliere informazioni sui sintomi, sui fattori di rischio e sullo stile di vita del paziente. In particolare, vengono presi in considerazione:
– sintomi primari: sanguinamento, prolasso, dolore, secrezioni
– sintomi secondari: prurito, difficoltà nell’igiene anale
– fattori associati: abitudini di evacuazione, frequenza e consistenza delle feci
– fattori di rischio: storia familiare di cancro o polipi, comorbilità.
L’obiettivo principale è identificare ed escludere eventuali “red flag”, ovvero segni o sintomi che possono indicare patologie più gravi e richiedono immediato rinvio al medico. Tra questi vi sono:
– sanguinamento scuro o persistente
– perdita di peso inspiegata
– anemia documentata o sintomi correlati (come astenia e pallore)
– alterazioni marcate dell’alvo
– familiarità per neoplasie colorettali o malattie infiammatorie croniche intestinali.
Quando la valutazione iniziale esclude la presenza di segnali d’allarme, il farmacista può avviare un percorso di gestione che integra misure igienico-comportamentali e trattamenti farmacologici mirati. Questa duplice strategia è essenziale, poiché la sola terapia sintomatica, in assenza di correzioni dello stile di vita, fornisce benefici temporanei e comporta un elevato rischio di recidiva.
Modifiche dello stile di vita
Numerose linee guida nazionali e internazionali raccomandano di trattare le emorroidi principalmente attraverso cambiamenti nello stile di vita e nell’alimentazione. Mantenere una regolarità intestinale e favorire una defecazione agevole contribuisce a prevenire il prolasso emorroidario e a ridurre il sanguinamento, soprattutto nelle fasi iniziali della patologia.
Tra le strategie più efficaci, l’incremento dell’apporto di fibre alimentari rappresenta un intervento cardine, supportato da solide evidenze cliniche: una meta-analisi di sette studi randomizzati ha dimostrato che un’adeguata assunzione di fibre migliora la frequenza e la consistenza delle evacuazioni, riducendo fino al 50% gli episodi emorroidari e, in particolare, il sanguinamento. Le raccomandazioni della Food and drug Administration (Fda) e dell’American dietetic Association forniscono obiettivi quantitativi estremamente chiari:
adulti 19-50 anni: 25-28 g/die di fibre per le donne e 38 g/die per gli uomini
adulti >50 anni: 21 g/die per le donne e 30 g/die per gli uomini.
Il farmacista, attraverso un counselling personalizzato, può aiutare il paziente a raggiungere tali obiettivi fornendo indicazioni pratiche sulle fonti alimentari, sull’uso di integratori e sulla graduale introduzione delle fibre per migliorarne la tollerabilità.
Oltre alla dieta, sono essenziali, poi, alcune buone pratiche di igiene intestinale, come evitare lo sforzo evacuativo, non trattenere lo stimolo e limitare il tempo trascorso in bagno. A questo fine è utile sconsigliare l’uso di smartphone o materiale di lettura durante la defecazione, per ridurre la permanenza in posizione seduta e la conseguente pressione sul plesso emorroidario.
Per alleviare prurito e irritazione, si raccomanda un’adeguata igiene anale e, se necessario, l’uso di bagni di vapore o semicupi tiepidi, utili non soltanto in gravidanza, ma anche nella popolazione generale. Infine, è consigliabile svolgere con regolarità un’attività fisica di intensità moderata, per almeno 150 minuti a settimana, in quanto favorisce la regolarità intestinale e si associa a una minore frequenza e severità dei sintomi emorroidari.
Trattamenti farmacologici mirati
La scelta della terapia farmacologica deve essere calibrata in base allo stadio della malattia, alla localizzazione (emorroidi interne, esterne oppure miste), al sintomo predominante e al contesto clinico.
Astringenti: indicati nelle fasi iniziali, in presenza di prurito, secrezioni o irritazione diffusa; utili anche nel trattamento di mantenimento per ridurre le recidive.
Protettivi cutanei: consigliati in caso di irritazione anale persistente o piccole lesioni mucose, tipiche delle forme croniche.
Anestetici locali: raccomandati nei casi acuti con dolore intenso, in particolare nelle emorroidi esterne; l’uso va limitato a pochi giorni per evitare fenomeni di sensibilizzazione oppure dermatiti da contatto.
Corticosteroidi topici: indicati in presenza di infiammazione marcata con edema e prurito; da utilizzare per un massimo di 7 giorni.
Vasocostrittori: utili nella fase acuta in caso di edema e congestione venosa, ma controindicati nei pazienti con ipertensione non controllata o patologie cardiovascolari instabili.
Flebotonici orali: indicati nelle forme sintomatiche lievi o moderate, nei casi recidivanti e nelle fasi croniche per prevenire riacutizzazioni e nel post intervento per ridurre il sanguinamento e favorire la guarigione.
Analgesici sistemici: riservati ai casi in cui il dolore non sia controllato dai trattamenti topici oppure nel periodo post operatorio, con scelta personalizzata in base al profilo clinico del paziente.
Educazione e monitoraggio
Ogni consiglio terapeutico è anche un momento educativo: il farmacista deve spiegare perché un prodotto va usato per un periodo definito, quali effetti indesiderati osservare (per esempio, un peggioramento dell’irritazione, sanguinamento, reazioni locali) e quando sospendere il trattamento. Un’informazione chiara, infatti, migliora l’aderenza, riduce l’uso improprio e rafforza la fiducia nel consiglio professionale.
L’algoritmo prevede una rivalutazione precoce per verificare l’efficacia delle misure adottate, consolidare le strategie preventive e, se necessario, modificare l’approccio oppure indirizzare il paziente al medico. Se, nonostante le misure igienico-comportamentali e la terapia sintomatica, i disturbi non migliorano entro 5-7 giorni, peggiorano o si ripresentano frequentemente, è opportuno il rinvio al medico.
Per facilitare il follow-up, possono essere suggeriti anche strumenti digitali di automonitoraggio, come MyTherapy, Symple o Hemorrhoid Tracker, che favoriscono l’aderenza terapeutica e forniscono ai professionisti sanitari dati utili per decisioni tempestive e personalizzate.
(di Paolo Levantino,f armacista clinico e segretario nazionale Fenagifar, Farma Mese n. 9 – 2025 ©riproduzione riservata)
