L’editoriale: “Il volto umano della farmacia”

Il banco della farmacia consente spesso di misurare non soltanto lo stato di salute, ma anche lo stato sociale e la situazione economica di una determinata zona. Perché qui arriva buona parte della popolazione residente nel bacino d’utenza e i bisogni evidenziati sono spesso rivelatori della reale situazione, rendendo il farmacista testimone (a volte il parafulmine) dei diversi problemi locali.

È l’altra faccia della professione, che ne completa le caratteristiche, ampliandone un ruolo che allora non è più soltanto sanitario.

Lo testimonia un lettore, che in poche righe fotografa la situazione del suo paese nella lettera pubblicata su “Farma Mese” di novembre. Sottolinea l’aumentata presenza di clienti in difficoltà economiche, che fanno fatica a sostenere la spesa anche per prodotti essenziali, magari costretti a negare a un familiare ammalato il sostegno a lui necessario. E attenzione: se il problema riguarda un presidio non coperto dal Servizio sanitario, ben evidente diventa l’impedimento verso più costosi servizi che la sanità pubblica non riesce più a coprire.

Aumentano, infatti, i disservizi e le liste d’attesa, le prestazioni vengono assicurate con troppi ritardi (il 6,8% dei pazienti ormai vi rinuncia) e non tutti possono permettersi di ricorrere all’assistenza privata. Così la povertà sanitaria colpisce mezzo milione di cittadini, con circa 4,4 milioni di famiglie che devono limitare la spesa per visite mediche e accertamenti preventivi. Tutte situazioni che trovano riscontro ormai al banco delle farmacie.

È proprio questo il punto in cui la vera situazione del Paese si rivela nella sua cruda realtà, evidenziando problematiche ben lontane dai proclami del “tutto va bene” e di una sanità pubblica più di sempre finanziata.

Sono anni, infatti, che gli italiani vedono eroso il loro potere d’acquisto, tant’è vero che siamo il Paese che si è impoverito di più a causa dell’inflazione. I redditi da lavoro sono cresciuti negli Usa e in Gran Bretagna tra il 40% e il 50%, in Germania e nell’area euro del 30% e in Francia del 9%, mentre in Italia sono diminuiti del -3,4%. L’inflazione totale dal 2019 al 2025 è stata del 20,6%, e così di fatto l’italiano, avendo perso un quinto del suo potere d’acquisto, fa sempre più fatica a sostenere il continuo incremento dei prezzi. Perché alla crescita nominale degli stipendi, di poco superiore all’inflazione, corrisponde una crescita reale in continua discesa: così a settembre 2025 le retribuzioni risultano -8,8% rispetto ai livelli del 2021.

Il recente sondaggio Acri-Ipsos sullo stato finanziario delle famiglie rivela un aumento del malessere, che trova riscontro anche in farmacia, evidenziando situazioni di grave disagio, non soltanto in chi le vive, ma anche in chi ne è testimone. Certo, si dà una mano quando si può, ma non sempre è possibile. La presenza, la partecipazione, l’assistenza sono allora il volto umano della farmacia, che non è possibile quantificare, ma che non va mai dimenticato. Anche questo dovrebbe far parte del famoso “valore aggiunto”.

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