Croci e insegne: pubblico servizio o pubblicità? Cosa dice la legge

L’obbligo per le farmacie di esporre la croce verde all’esterno dell’esercizio è ovviamente fatto noto ai farmacisti, trovando la sua fonte in uno specifico obbligo di legge e nel Codice deontologico di categoria. È altrettanto noto che, accanto all’insegna riportante la croce, è ormai diffuso l’utilizzo di supporti visivi che impegnano le vetrine delle farmacie a scopo pubblicitario.

Si è, poi, soliti distinguere tra l’insegna a forma di croce utilizzata per individuare l’esercizio ed eventualmente fornire informazioni utili su quest’ultimo, e quella per pubblicizzare prodotti venduti in farmacia o servizi offerti dalla stessa. La ragione del distinguo sta, tra l’altro, nell’obbligo della corresponsione dell’imposta richiesta dai Comuni per forme di pubblicità riconducibili alla comunicazione resa dai predetti supporti tecnologici.

Ebbene, questo contesto ha interessato alcuni farmacisti sardi che hanno contestato le norme comunali del “piano generale degli impianti pubblicitari” nella parte in cui include le insegne delle farmacie tra le cosiddette insegne pubblicitarie e prevede, tra le altre, cose che è “[…] consentito installare una sola croce, delle dimensioni massime cm 120x120h, a bandiera su parete”. Si tratta essenzialmente delle norme la cui applicabilità implica la corresponsione di un canone unico patrimoniale da parte dei farmacisti.

LA DECISIONE DEI GIUDICI

Per la decisione n. 73/2025 del Tar di Cagliari, la tesi per la quale le farmacie eserciterebbero esclusivamente un pubblico servizio, con conseguente sottrazione al pagamento del canone unico, non può essere condivisa.

Al riguardo, il ragionamento dei Giudici è assai rigoroso e può essere così delineato. Sin dalla risalente Legge sulle farmacie n. 475/1968 le stesse possono essere gestite direttamente dai Comuni e dai privati, così eliminando la possibilità di un monopolio della pubblica amministrazione. Questa libertà del mercato con riguardo alle farmacie è stata valorizzata dalla recente Legge n. 124/2017, che ha consentito l’ingresso delle società di capitali nella proprietà delle farmacie, con il solo limite di non eccedere il 20% delle farmacie operanti in una Regione e favorendo, in tal modo, la nascita di catene commerciali anche nel settore in esame.

La situazione descritta delineerebbe, per i Giudici sardi, “l’attuale ruolo delle farmacie in quello che, a tutti gli effetti, è il cosiddetto mercato della salute”: queste ultime non svolgono più la sola attività di erogazione dei medicinali, ma forniscono anche servizi diagnostici e digitali.
Di tali considerazioni si ritrova traccia anche da parte del Consiglio di Stato, giudice amministrativo di appello, secondo il quale“[…] la vetrina e l’insegna hanno la chiara funzione di attrarre la clientela, così concorrendo all’offerta farmaceutica”.

Se, dunque, per le ragioni esposte, può essere delineata una “offerta farmaceutica” su un mercato che il legislatore ha chiaramente voluto aprire alla libera concorrenza, allora ne consegue, per il Tribunale, che “l’insegna delle farmacie non ha soltanto la funzione indispensabile di permettere la loro individuazione sul territorio, ma anche quella di consentire alle medesime di distinguersi sul mercato di riferimento, veicolando il proprio nome, la propria offerta commerciale e il proprio messaggio pubblicitario”.

In questo quadro, si è ritenuto di non poter muovere fondate censure al Comune di Olbia con riferimento alla inclusione delle insegne delle farmacie nell’ambito di quelle sottoposte al canone unico patrimoniale.

PAGAMENTO IN BASE ALLE DIMENSIONI

In senso contrario, non è stata accolta neppure la tesi per cui le insegne sarebbero obbligatorie per legge.
Infatti, lo stesso legislatore statale ha disciplinato tale ipotesi stabilendo, nell’ambito della disciplina statale del canone unico patrimoniale, che tali mezzi siano esenti dalla sua applicazione, se la loro esposizione è obbligatoria per norma di legge o di regolamento, sempre che siano “di superficie non superiore a un metro quadrato, se non sia stabilito altrimenti” (art. 1, comma 833, lett. B) della L. 27/12/2019 n. 160). In termini analoghi, il Comune di Olbia ha previsto la sottoposizione al canone delle insegne di esercizio delle farmacie, seppure obbligatorie per legge, qualora eccedano la più ampia misura massima di 120 cm x 120 cm.

Allo stesso modo, la disciplina statale prevede l’applicabilità del canone anche alle insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, qualora le stesse eccedano la superficie complessiva di 5 metri quadrati (art. 1 c. 833, lett. L) della cit. L. 27/12/2019 n. 160). È, dunque, al superamento di tale limite dimensionale che il Comune di Olbia ha subordinato la richiesta di pagamento del canone con riferimento alle insegne frontali.

Con ulteriore rigidità il Tribunale sardo ha condiviso anche il divieto comunale di posizionare insegne su palo o preinsegne nel territorio comunale. Per l’ente, la ragione risiede nel consentire il riordino degli impianti pubblicitari e delle pubbliche affissioni esistenti e nell’evitare situazioni di disordine visivo tali da creare interferenza prospettica con edifici oppure interi contesti monumentali del paesaggio urbano.
Ebbene, il Collegio ha ritenuto che le scelte operate dal Comune, e contestate dai farmacisti, sarebbero espressione di una legittima discrezionalità con la quale l’Amministrazione ha valutato comparativamente interessi pubblici e privati relativi alla sicurezza stradale, alla salvaguardia del decoro del territorio e alla tutela della libertà di iniziativa economica privata.

Rispetto a tali scelte, la severità dei Giudici non ha ravvisato alcun indice sintomatico di un non corretto esercizio del potere della pubblica amministrazione, potendo le farmacie fare ricorso agli ulteriori mezzi pubblicitari consentiti.

(avv. Silvia Stefania Cosmo, Farma Mese n. 9– 2025 ©riproduzione riservata)

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