È un appuntamento fisso, ogni anno, quello con la ricerca di Edelman in merito al livello di fiducia che la popolazione mondiale ha nei confronti di istituzioni governative, media, Ong e business, cioè attività economiche.
La ricerca coinvolge 33.000 persone di 28 Paesi del mondo, quindi certamente un buon termometro (o meglio, Barometro, come viene chiamata) per fotografare il cosiddetto “sentiment” degli intervistati. Come sempre, l’indagine viene condotta a fine anno, quindi ci riferiamo alla fine del 2024.
A livello macro non ci sono cambiamenti veramente rilevanti rispetto all’anno precedente; anzi, l’indice globale di fiducia è rimasto invariato, cioè 56. E, vogliamo ricordarlo, fino a 49 viene considerata mancanza di fiducia, tra 50 e 59 neutro, mentre da 60 in su si considera fiducia. Quindi, in sostanza, i 28 Paesi intervistati si pongono, mediamente, in una situazione di neutralità.
Ma questa è la media del pollo. Si va, infatti, dal 77 della Cina (sì, la Cina è il Paese in cui la popolazione ha maggior fiducia nei confronti di istituzioni governative, media, business), seguita da India, Uae, Arabia, fino ad arrivare al fanalino di coda che è il Giappone. Eh sì, siamo dalla stessa parte del globo, ma si passa dal massimo al minimo. E, attenzione, perché la penultima è la Corea del Sud.
Ora probabilmente qualcuno si starà chiedendo chi è al terzultimo posto… no, non UK (che era all’ultimo l’anno scorso, ma è risalita) e nemmeno l’Italia, come potrebbe pensare il pessimista di turno, che sostiene che da noi va sempre tutto male. Il terzultimo posto della classifica è occupato dalla Germania! Proprio quella che era la locomotiva d’Europa, dopo due anni di recessione economica, problemi governativi, difficoltà nella gestione dell’immigrazione, arretratezza digitale, burocrazia elevatissima, crisi energetica, treni sempre in ritardo… dichiara ufficialmente pessimismo e mancanza di fiducia, passando, nel giro di 3 anni, da 53 a 41.
Questo il quadro generale. Ma l’indagine va oltre e analizza anche alcuni elementi che creano timore e insicurezza, identificandoli in: globalizzazione (conflitti sui commerci internazionali, concorrenza straniera…); pressione economica (e rischio di recessione); tecnologia (automazione e mancanza di preparazione). A tutto questo si aggiunge un declino nel livello di fiducia nei confronti del datore di lavoro, definito “senza precedenti”.
Se poi si parla di fiducia nei confronti del futuro da parte delle nuove generazioni, soltanto il 36% globale crede che possa essere migliore; e in questo caso è la Francia il fanalino di coda, con un timido 9% (e per l’Italia solo il 15%).
Un ultimo tema analizzato da Edelman è quello delle proteste. È evidente che in molti Paesi vi è, per vari motivi, un clima di protesta e di lamentela nei confronti dei governi, delle attività economiche e così via. La protesta è generalmente collegata alla sfiducia ed entrambe sono inversamente proporzionali rispetto alle fasce reddituali delle persone.
Insomma, parrebbe un quadro allarmante, da mettersi le mani nei capelli. In realtà, cercheremo di vedere il bicchiere mezzo pieno: il business in generale gode ancora di fiducia rispetto alle altre categorie (tranne che in Germania, Giappone e Corea del Sud) e, quando la fiducia cresce, l’ottimismo economico riesce a superare anche il clima di protesta. Un’altra nota positiva è che il mondo “healthcare” è tra quelli che gode della maggior fiducia e gli scienziati, come sempre, sono al top della classifica.
Questo dunque il quadro generale. Ma non possiamo trascurare un altro aspetto (di cui non parla Edelman): cioè noi stessi. Anche noi abbiamo la nostra responsabilità nel generare fiducia nel prossimo. Ogni giorno, nel nostro lavoro.
(di Roberto Valente, Farma Mese N. 6-2025 ©riproduzione riservata)