Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto sulla necessità di “superare intollerabili divari tra i diversi sistemi sanitari regionali”, che hanno provocato in Italia una sanità a macchia di leopardo.
E facendo riferimento alla Costituzione, ha ribadito il principio della leale collaborazione tra Stato e Regioni, per “garantire una copertura universale e un accesso uniforme alle prestazioni sull’intero territorio, obiettivi irrinunciabili di un Servizio sanitario nazionale”. Che di “nazionale” ora ha sempre meno, vista la difformità dei trattamenti garantiti da zona a zona.
Riuscirà, con l’autorevolezza che viene dalla sua persona, oltre che dal ruolo ricoperto, a ottenere soddisfazione? Lo dubitiamo, visto la supponenza con cui le singole Regioni rivendicano l’autonomia loro attribuita, alla faccia dell’uguale diritto alla salute che va garantito a tutti i cittadini.
Altro nodo che pesa sul nostro sistema sanitario è l’assenza di qualsivoglia strategia per far fronte all’invecchiamento della popolazione. Si sa che entro il 2050 gli over65 saranno il 34% della popolazione, con una crescita ancor più rilevante degli ultra 85enni. È un dato certo positivo, perché segno di conquiste sia sociali, sia sanitarie, ma che dovrebbe però imporre fin d’ora strategie specifiche, per affrontare le sfide imposte dalla longevità. Perché la vecchiaia s’accompagna a un’esplosione delle patologie, delle cronicità, dell’assistenza, della presa in carico dell’anziano. Eppure, manca un ripensamento dei modelli di welfare, la proposta di politiche sanitarie capaci di affrontare queste future emergenze.
A esse s’accompagna un altro fanalino di coda della nostra sanità, la necessaria prevenzione, sempre declamata, ma mai veramente attuata. Pensiamo, per esempio, all’importanza dei vaccini negli anziani, capaci di ridurre l’incidenza di malattie tipiche della terza età e di contenere i costi del Ssn.
Eppure, secondo la Fondazione Gimbe, non soltanto non si fa nulla per aumentare questa pratica, ma addirittura si assiste a un calo di 3,4 punti percentuali delle vaccinazioni antinfluenzali nella stagione 2023-24 rispetto al periodo precedente, arrivando a quota 53,3% rispetto al target minimo dell’85%. E anche per la vaccinazione pneumococco ed herpes zoster si assiste a un calo delle adesioni (anche se manca un sistema strutturato di monitoraggio, e già questo sottende un preciso significato).
Parliamo di vaccinazioni, tema caldo per la farmacia -che qualcuno, peraltro, contrasta- ma la prevenzione ha ambiti ben più vasti e tutti di gran rilievo per la salute degli anziani, ma non solo. E sappiamo bene che fare prevenzione è compito precipuo del farmacista in farmacia, che da sempre svolge come educatore sanitario.
Ora poi, con la diffusione della farmacia dei servizi questo ruolo potrebbe trovare maggiore applicazione, se accompagnato dall’appoggio delle istituzioni nazionali e regionali, delle società scientifiche e degli altri operatori sanitari. Senza più ritrosie o pretestuose difese di orticelli, che non fanno certo l’interesse del cittadino. Anche questo rimarrà nel limbo delle buone intenzioni?
(di Lorenzo Verlato, Farma Mese N. 6-2025 ©riproduzione riservata)